giovedì 30 giugno 2011

Pensiero sull' "epoca post-sviluppo"

Ogni giorno si apre il giornale o una qualsiasi pagina Internet di notizie e ci si rende conto di quanto i politici non conoscano e non capiscano la realtà del popolo che rappresentano.
I giovani non sono tutti “debosciati” ma indubbiamente la maggior parte sono demoralizzati.
Viviamo in un’epoca “post-sviluppo” e questo sembra ridicolo o in antitesi con la realtà ma non lo è. Gli anni 80-90 sono stati più importante, i paesi europei uscivano da profonde crisi post guerra che avevano portato a problema di ricostruzione e inseguito di rivolte civili. Nel ventennio tra la fine degli anni 70 e la metà dei 90 l’economia di molti paesi europei era nel pieno del suo splendore, attiva e desiderosa.
Come tutte le civiltà (dalla preistoria ai giorni moderni) si arriva a un punto di “stasi” dove i popoli si “accomodano”. Questo è quello che sta succedendo nei nostri paesi.
Le generazioni precedenti agli attuali trentenni hanno costruito qualcosa al quale continuano a restare attaccati per necessità o per cupidigia. I posti di lavoro non si liberano, le pensioni non arrivano o non sono sufficienti e manca un ricambio di lavoratori.
Gli errori commessi negli anni dai nostri politici sono molteplici, ripetute riforme scolastiche fallimentari che hanno solo portato confusione nei docenti, negli studenti e nei datori di lavoro.
Come si può pensare a un “modello europeo di istruzione” se non si cambia tutto in toto? Non si può adattare il nostro si deve cambiare dalla fondamenta se, e dico se, è vero che si ritiene migliore il modello anglosassone. Adattare significa solo mantenere il vecchio modello coi vecchi obiettivi in termini non adatti a svilupparli.
L’unica soluzione che resta è la memorizzazione ma non trovo nessuna utilità nell’imparare a memoria perché lascia il tempo che trova, non si ha assimilazione né sviluppo della curiosità che, invece, dovrebbe essere il punto d’inizio dell’apprendimento.
Una volta finito il ciclo di studi ci si ritrova in una situazione a dir poco ridicola, ogni ministro che siede al ministero della cultura apporta cambiamenti, modifica i nomi dei titoli finali e al momento di cercare lavoro il titolo che hai magari non esiste più o non è più al “passo coi tempi”.
La verità è che oggigiorno siamo tutti laureati in “scienze della disoccupazione” ma di ciò la colpa la portano gli “adulti” non i giovani.