martedì 20 marzo 2012

riflessioni sulla realtà milanese

C’è qualcosa di sbagliato nella realtà in cui sono tornata. Parlo di Milano perché non mi piace generalizzare e preferisco pensare che ciò che succede in un posto non è detto che accada in un altro. 
E’ da anni che non vivevo qui e mi ero “disintossicata”, “rieducata”. Ci sono cose, semplici, banali, che a volte costano uno sforzo incredibile perché non si è abituati a farle. Non mi piace parlare per luoghi comuni, parlo per esperienze personali che, come tali, possono essere diverse da quelle altrui. 
Quando torni a Milano dopo tanti anni passati fuori, in una realtà diametralmente opposta, ti rendi conto di come vivono male certe persone, di come certi valori sia facile perderli e dimenticarli. 
Sarebbe buona educazione guardare in faccia il tuo interlocutore, sarebbe buona educazione non accorrere al clacson per ogni minima sciocchezza, sarebbe buona educazione chiedere scusa cosi come accettare le scuse altrui. Sarebbe buona educazione.. 
Ma cos’è la buona educazione? questa dovrebbe essere qualcosa che ci dovrebbe togliere di dosso un po’ di stress. Mi spiego, se spintoni per sbaglio qualcuno e chiedi scusa e questo qualcuno invece di arrabbiarsi accetta le scuse quanto stress si sono risparmiate queste due persone? Se chiedi al commesso del supermercato dove si trovi X prodotto e lui con gentilezza te lo indicasse evitando di sbruffare e alzare un braccio indicando un punto imprecisato al borbottio di “sto lavorando”, quanto stress autoprodotto si sarebbe risparmiato? 
Il punto è proprio questo, se ognuno di noi la smettesse di causarsi stress ne causerebbe automaticamente meno agli altri. 
Oggi la riflessione nasceva da un fatto realmente accaduto tra un milanese e uno straniero, quest’ultimo si scusa col milanese o lo ringrazia, il milanese su tutte le furie lo insulta perché si sente preso in giro, di andare a chiedere scusa a sua sorella. Se la realtà che ci circonda ci porta a non credere nemmeno nelle scuse altrui e a mortificare il prossimo, poi non lamentiamoci se siamo circondati da maleducati, arroganti, meschini, cafoni e quanti piu aggettivi negativi si possano trovare. 
Forse facendo un po’ di introspezione si arriverebbe a capire che per migliorare gli altri bisogna iniziare a migliorare sé stessi.

mercoledì 7 marzo 2012


8 marzo la festa della donna

Dovrebbe essere un anniversario importante mentre con gli anni il senso è andato perduto. Troppe festività hanno col tempo perso di significato o quest’ultimo è stato tristemente trasceso.
Il giorno internazionale della donna non dovrebbe essere ignorato dagli uomini con frasi tipo “che sciocchezza” e non dovrebbe essere mal usato dalle donne.
L’8 marzo non è la festa degli spogliarellisti, per questi ultimi qualsiasi giornata è buona se vi piacciono. Dovrebbe essere un giorno di memoria. Dovrebbe essere un giorno in cui le donne dovrebbero ricordare ancora di più i loro diritti, diritto al lavoro, diritto a condizioni di lavoro paritarie, diritto di voto, di parola di scelta. Dentro della famiglia e fuori da quest’ultima. Dovrebbe essere un giorno per ricordare tante donne che hanno segnato la storia, Rita Levi Montalicini, Evita Peron, Elisabetta I d’Inghilterra,
Amelie Earhart Solo per dirne alcune.

Dovremmo avere il coraggio di non tacere quando ci prendono in giro con falsi luoghi comuni “cos’è? Sei nervosa perché hai il ciclo?” e nemmeno di usare quest’ultimi come sciocche scuse. Dovremmo avere il coraggio di difendere le nostre idee e di non pensare, va beh è maschio.

Chi non ascolta o parte prevenuto perché sta parlando con una donna non va né giustificato né considerato. Purtroppo anche tra le persone più vicine esistono questi soggetti. E questa mentalità andrebbe estirpata come le radici dell’erba cattiva.

Dovremmo ricordare a tutti l’importanza di questa ricorrenza.


8 marzo la festa della donna

 Dovrebbe essere un anniversario importante mentre con gli anni il senso è andato perduto. Troppe festività hanno col tempo perso di significato o quest’ultimo è stato tristemente trasceso. 

Il giorno internazionale della donna non dovrebbe essere ignorato dagli uomini con frasi tipo “che sciocchezza” e non dovrebbe essere mal usato dalle donne.
L’8 marzo non è la festa degli spogliarellisti, per questi ultimi qualsiasi giornata è buona se vi piacciono. Dovrebbe essere un giorno di memoria. Dovrebbe essere un giorno in cui le donne dovrebbero ricordare ancora di più i loro diritti, diritto al lavoro, diritto a condizioni di lavoro paritarie, diritto di voto, di parola di scelta. Dentro della famiglia e fuori da quest’ultima. Dovrebbe essere un giorno per ricordare tante donne che hanno segnato la storia, Rita Levi Montalicini, Evita Peron, Elisabetta I d’Inghilterra,
Amelie Earhart Solo per dirne alcune.

Dovremmo avere il coraggio di non tacere quando ci prendono in giro con falsi luoghi comuni “cos’è? Sei nervosa perché hai il ciclo?” e nemmeno di usare quest’ultimi come sciocche scuse. Dovremmo avere il coraggio di difendere le nostre idee e di non pensare, va beh è maschio.

Chi non ascolta o parte prevenuto perché sta parlando con una donna non va né giustificato né considerato. Purtroppo anche tra le persone più vicine esistono questi soggetti. E questa mentalità andrebbe estirpata come le radici dell’erba cattiva.

Dovremmo ricordare a tutti l’importanza di questa ricorrenza. 

lunedì 5 marzo 2012

L'uguaglianza non esiste

“Uguaglianza” una parola che usiamo quotidianamente quando parliamo di uomini e donne. E’ una parola di cui si fa un abuso un mal uso. Dovremmo capire che il maschio e la femmina non sono uguali e che non lo saranno mai che è un’assurdità anche solo pensarlo. Dovremmo iniziare a parlare di accettazione di queste differenze perché è quello che davvero ci manca.
L’uomo e la donna sono diversi fisicamente, la donna è in grado di sopportare dolori fisici maggiori mentre l’uomo sopporta sforzi fisici maggiori. La donna ha un corpo anatomicamente diverso da quello di un uomo, il corpo della donna cambia, si modifica e si rigenera ogni 28 giorni.  Quello dell’uomo ha basicamente 3 fasi di cambiamento, infanzia, pubertà e invecchiamento.  Queste “banali” differenze creano due esseri uguali e al contempo completamente diversi.
Accettare queste differenze farebbe del mondo un posto migliore.
La donna non è il sesso debole e l’uomo non è il sesso forte. Il problema è che un uomo può fisicamente abusare di una donna avendo un organo genitale atto a farlo ma altrettanto vero è che un uomo può abusare di un altro uomo avendo quest’ultimo pertugi di cui è possibile abusare.

La donna non ha meno diritti di scelta dell’uomo perché è dotata anch’essa di un organo pensante.
Se ad oggi c’è chi mette in discussione la possibilità di una donna di scegliere se interrompere o meno una gravidanza è perché si pensa che il feto sia un essere pensante. Il feto non pensa. La donna si. E deve esistere la libertà per la donna di pensare e di agire quando si tratta del proprio corpo e del proprio futuro.
La donna ha esigenze fisiche diverse da un uomo e quindi per lei è più difficile trovare lavoro. Questa è una triste verità! Pari opportunità ma quando mai! A un uomo durante un colloquio di lavoro non viene chiesto se assume o meno la pillola anticoncezionale.
Gli uomini si ricordano che le donne sono “uguali” solo quando non cedono il posto a sedere a una donna incinta, quando non aprono la porta per galanteria, quando non offrono un caffè per tirchieria.  Si ricordano che la donna è “uguale” solo quando si lamentano del giorno preso per motivi familiari, non volendo sapere però che la donna a parità di posto di lavoro guadagna di meno.
E’ sbagliato parlare di uguaglianza siamo diversi e dovremmo accettarlo. Non si dovrebbe parlare in questi termini di uomo e donna ma di Rispetto. E’ quest’ultimo che nonostante secoli di evoluzione continua a mancare

giovedì 30 giugno 2011

Pensiero sull' "epoca post-sviluppo"

Ogni giorno si apre il giornale o una qualsiasi pagina Internet di notizie e ci si rende conto di quanto i politici non conoscano e non capiscano la realtà del popolo che rappresentano.
I giovani non sono tutti “debosciati” ma indubbiamente la maggior parte sono demoralizzati.
Viviamo in un’epoca “post-sviluppo” e questo sembra ridicolo o in antitesi con la realtà ma non lo è. Gli anni 80-90 sono stati più importante, i paesi europei uscivano da profonde crisi post guerra che avevano portato a problema di ricostruzione e inseguito di rivolte civili. Nel ventennio tra la fine degli anni 70 e la metà dei 90 l’economia di molti paesi europei era nel pieno del suo splendore, attiva e desiderosa.
Come tutte le civiltà (dalla preistoria ai giorni moderni) si arriva a un punto di “stasi” dove i popoli si “accomodano”. Questo è quello che sta succedendo nei nostri paesi.
Le generazioni precedenti agli attuali trentenni hanno costruito qualcosa al quale continuano a restare attaccati per necessità o per cupidigia. I posti di lavoro non si liberano, le pensioni non arrivano o non sono sufficienti e manca un ricambio di lavoratori.
Gli errori commessi negli anni dai nostri politici sono molteplici, ripetute riforme scolastiche fallimentari che hanno solo portato confusione nei docenti, negli studenti e nei datori di lavoro.
Come si può pensare a un “modello europeo di istruzione” se non si cambia tutto in toto? Non si può adattare il nostro si deve cambiare dalla fondamenta se, e dico se, è vero che si ritiene migliore il modello anglosassone. Adattare significa solo mantenere il vecchio modello coi vecchi obiettivi in termini non adatti a svilupparli.
L’unica soluzione che resta è la memorizzazione ma non trovo nessuna utilità nell’imparare a memoria perché lascia il tempo che trova, non si ha assimilazione né sviluppo della curiosità che, invece, dovrebbe essere il punto d’inizio dell’apprendimento.
Una volta finito il ciclo di studi ci si ritrova in una situazione a dir poco ridicola, ogni ministro che siede al ministero della cultura apporta cambiamenti, modifica i nomi dei titoli finali e al momento di cercare lavoro il titolo che hai magari non esiste più o non è più al “passo coi tempi”.
La verità è che oggigiorno siamo tutti laureati in “scienze della disoccupazione” ma di ciò la colpa la portano gli “adulti” non i giovani.